da poco ho cominciato a lavorare.
tempo pieno.
otto ore.
colleghi giovani.
carini.
in apparenza.
in realtà sotto la superficie
l’atmosfera è bollente.
quelli che ti provocano per essere cazziati
(per la maggioranza maschi alla ricerca della femmina rigorosa)
quelli che fanno più di tutti gli altri e dopo vengono (pare con reciproca soddisfazione) sgridati dal capo per una piccolissima cosa dimenticata
(femmina servizievole in cerca di maschio autoritario e mai soddisfatto)
quelli che nella vita le prendono e basta, ma quando gli arriva la classica goccia che fa traboccare il loro vaso diventano dei guerrieri, anzi delle guerriere che non fanno prigionieri.
(nessuna differenza tra i sessi – ed è bellissimo vedere la classica pecorella sacrificale diventare il cane che ringhia alla mandria!)
e poi ci sono io.
primo giorno.
sono gentile con tutti. sto alle battute, ma rifiuto il tu – non è nelle mie corde, il tu va guadagnato, questione di educazione – scombussolando l’equilibrio psicofisico di alcuni/e.
secondo giorno.
imparo come funziona l’ufficio, facendo tutti i lavori che nessuno vuole fare (l’archivio, fare scatoloni per traslocare l’ufficio fra un mese, cercare fascicoli misteriosamente spariti ecc.)
terzo giorno.
sotto la giacca indosso maglietta bianca con foto del film “Secretary” con scritta in 4 lingue “non sono la tua fottuta sub-segretaria” – mormorii, sguardi, risatine e qualche strizzata d’occhio di gente che decido di conoscere meglio.
ieri.
arrivato finalmente mio computer (con indicazioni severissime sull’uso per cose personali e la salvaguardia dei dati a me affidati), telefono, articoli da cancelleria (compilando apposito modulo in duplice coppia e predicozzo sul non-spreco e non-rubare da vecchia megera con occhio di vetro e senso del humour deliziosamente caustico). quando torno dopo la pausa pranzo vedo giovane collega tutto preso dal mettersi sempre al centro dell’attenzione di tutti seduto al mio posto che naviga tranquillamente in rete dicendomi che tanto la mia password era quella di tutti del primo giorno e che solo domani avrei cambiato con una di mia scelta. Lo guardo solamente. Il giovanotto (vedi anche il primo esempio della lista “quelli che” di cui sopra) si alza mormorando un “Scusi, Signora”
oggi.
porto paio di manette originali della polizia di stato del Texas, un regalo di un amico poliziotto che ha passato la stessa valle di lacrime nella quale ho nuotato io (Thanks Jimmy!). insomma acciaio luccicante e indistruttibile con chiavetta tenuta da parte. li appendo accanto allo schermo del mio PC con accanto la scritta “per provarli tu prova a toccare le mie cose”. e qui il “tu” ci sta!
E’ bello stare in mezzo alla gente.
E chi dice che il s/m è solo di alcuni svitati non ha capito un cazzo della vita!
tempo pieno.
otto ore.
colleghi giovani.
carini.
in apparenza.
in realtà sotto la superficie
l’atmosfera è bollente.
quelli che ti provocano per essere cazziati
(per la maggioranza maschi alla ricerca della femmina rigorosa)
quelli che fanno più di tutti gli altri e dopo vengono (pare con reciproca soddisfazione) sgridati dal capo per una piccolissima cosa dimenticata
(femmina servizievole in cerca di maschio autoritario e mai soddisfatto)
quelli che nella vita le prendono e basta, ma quando gli arriva la classica goccia che fa traboccare il loro vaso diventano dei guerrieri, anzi delle guerriere che non fanno prigionieri.
(nessuna differenza tra i sessi – ed è bellissimo vedere la classica pecorella sacrificale diventare il cane che ringhia alla mandria!)
e poi ci sono io.
primo giorno.
sono gentile con tutti. sto alle battute, ma rifiuto il tu – non è nelle mie corde, il tu va guadagnato, questione di educazione – scombussolando l’equilibrio psicofisico di alcuni/e.
secondo giorno.
imparo come funziona l’ufficio, facendo tutti i lavori che nessuno vuole fare (l’archivio, fare scatoloni per traslocare l’ufficio fra un mese, cercare fascicoli misteriosamente spariti ecc.)
terzo giorno.
sotto la giacca indosso maglietta bianca con foto del film “Secretary” con scritta in 4 lingue “non sono la tua fottuta sub-segretaria” – mormorii, sguardi, risatine e qualche strizzata d’occhio di gente che decido di conoscere meglio.
ieri.
arrivato finalmente mio computer (con indicazioni severissime sull’uso per cose personali e la salvaguardia dei dati a me affidati), telefono, articoli da cancelleria (compilando apposito modulo in duplice coppia e predicozzo sul non-spreco e non-rubare da vecchia megera con occhio di vetro e senso del humour deliziosamente caustico). quando torno dopo la pausa pranzo vedo giovane collega tutto preso dal mettersi sempre al centro dell’attenzione di tutti seduto al mio posto che naviga tranquillamente in rete dicendomi che tanto la mia password era quella di tutti del primo giorno e che solo domani avrei cambiato con una di mia scelta. Lo guardo solamente. Il giovanotto (vedi anche il primo esempio della lista “quelli che” di cui sopra) si alza mormorando un “Scusi, Signora”
oggi.
porto paio di manette originali della polizia di stato del Texas, un regalo di un amico poliziotto che ha passato la stessa valle di lacrime nella quale ho nuotato io (Thanks Jimmy!). insomma acciaio luccicante e indistruttibile con chiavetta tenuta da parte. li appendo accanto allo schermo del mio PC con accanto la scritta “per provarli tu prova a toccare le mie cose”. e qui il “tu” ci sta!
E’ bello stare in mezzo alla gente.
E chi dice che il s/m è solo di alcuni svitati non ha capito un cazzo della vita!
Mod happy (sì, Andrea, dico davvero!) :-)
1 commento:
Non so se io il destinario in calce....
Ma tant'è me approprio e alzo il bicchiere a brindare, un buon Whisky invecchiato ( e si fotta il mio stomaco che di certo avrà da lamentarsi) e un bell'ellepì: sai quegli strani cosi neri, dalla forma rotonda che girano, girano, girano....
Anzi due: Fragile by Yes e No quarter da The song remains the same dei ruvidi Zeppelin .
Così ritorno ragazzo e spero un pò anche tu....
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