22.4.08

KILLER SISTER - di Lara_ e modesty



(Avvisi ai naviganti: nessuno è obbligato a continuare. A noi andava una roba s/m con effetto splatter. Ai poveri di spirito, cattolici praticanti con amante a carico, per chi ha votato forza italia si consiglia la lettura di un qualunque quotidiano nazionale. Dormirete sicuramente meglio! A tutti gli altri: gustosa lettura da Lara_ e mod)

Lattine vuote rotolano sull'asfalto lucido, cartine di caramelle alla menta vorticano trascinate dal vento gelido. Dal bavero sollevato due occhi scuri e profondi come abissi lacustri osservano il parco di fronte alla strada. Le mani protette da guanti di pelle nera. Un regalo ricevuto molti anni prima. Una vita prima, un secolo prima: l'altra sua vita. Non la rinnegava: un percorso di esperienze e di dolore che le avevano permesso di maturare e scegliere.
Scegliere Lei ed il suo sguardo azzurro e tagliente come una lama affilata. E di siglare il patto di sangue: S.K.
L'adrenalina della paura e dell'attesa le bruciava nelle vene. L'attesa di Lei.
Fin troppo facile adescare i maschi per invitarli a giocare tra loro due.
Ormai nessun brivido, quando insieme usavano le parole. Ricordava la sera prima: le risate, la torta alle noci , la lingua morbida di lei nell’incavo tra il suo collo ed il seno. Quasi dimenticava l’imbecille di turno nelle loro mani: la finestra di chat, poche battute con il tizio che sicuramente aveva già il cazzo fuori dalla patta, la capacità di raziocinio azzerata dall’elevazione. Vittima predestinata. Era cosi facile! Come ratti, seguivano il richiamo che prometteva il paradiso perduto.
Decise di entrare. Era intirizzita.

Seduta al bar sorseggiava un drink chiacchierando con il barman. Lo sguardo si posava sulle persone presenti nel locale con un’attenzione quasi pigra. Avvolta in un abito da sera rosso sangue, aderente,una profonda scollatura che le scopriva la schiena, col davanti severamente chiuso fino ad avvolgerne il lungo collo. Un solo bracciale al di sopra del gomito sinistro metteva in risalto i muscoli definiti ma femminili. Non portava altri gioielli e le unghie delle mani forti e ben modellate erano corte e senza smalto.
Era stata all’Opera con l’unico amico vero che avevano in comune: Il Dottore. Con la melodia che ancora le rimbalzava nella mente ed il volto illuminato dal piacere ricavato poco prima dalle note di Mozart, rievocava quei giorni a Venezia con lei…
Le donne nel locale la osservavano con discrezione, gli uomini apertamente. Non sembrava notarlo. Indossava la sua bellezza con indifferente distacco.
Aspettava impaziente la socia, che era in ritardo.
Non che fosse realmente preoccupata ma cominciava a chiedersi se fosse andato storto qualcosa. Tirava fuori il cellulare dalla borsetta quando Lei entrò.
Alta, i capelli biondi cortissimi, avvolta in morbida pelle nera, gli occhi truccati pesantemente di scuro, col mascara sciolto come dopo un pianto o una fatica fisica. Un graffio insanguinato le sfiorava il labbro superiore dando tensione al volto. Si avvicinò al banco,un breve dialogo a voce bassa tra e due, poi un bacio sulla bocca che lasciò senza respiro quelli che osservarono la scena.
La mora ordinò premurosamente un caffè doppio alla compagna bionda.

“Hai avuto problemi?”
“Non voleva morire il bastardo, ho dovuto usare il coltello, alla fine, e temo di aver lasciato tracce sulla scena. Avevo i guanti, sono stata attenta, ma cazzo, era proprio un figlio di puttana. Aveva ragione Marina quando mi ha messo in guardia”
“Avevo ragione io a chiederle il doppio per questo qui. Ma dimmi, gli hai spiegato bene il perché?”
“Sì, ma non ha capito un cazzo neanche quando ha collegato i nomi: ormai era isterico ed in totale panico. Non capisco, hanno tutti paura di me quando è tardi. Accidenti!”.
“Idioti” sospirò la mora con un sorriso che non sfiorava gli occhi.
La bionda mandò giù il caffè bollente con un lamento: il taglio sulla bocca bruciava. La compagna le prese il viso con una mano e baciò delicatamente la ferita.
“Del prossimo ci occuperemo insieme. E’ troppo pericoloso da sole. E poi voglio vederti quando sei in azione e voglio che tu veda me”, disse la mora. Ordinò altro caffè e accese due sigarette: non badavano agli sguardi ammirati, avidi e curiosi che avevano puntati addosso.

D’ improvviso la mano della bionda Andrea si insinuò tra le cosce dell’amica, oltre l’orlo rosso del vestito, per ritrarla subito dopo. Un gesto repentino e veloce di cui nessuno s’accorse. Matilda avvertì la consistenza morbida e liscia di un piccolo oggetto. Si fissarono negli occhi e sorrisero: quelle piccole imprevedibili reciproche sorprese…
Un brivido di piacere, carico di aspettativa, percorse la schiena di Matilda. Senza staccare lo sguardo dagli occhi dell’amica, si carezzò la gamba risalendo oltre l’orlo, fino a raggiungere l’oggetto, che al tatto avvertiva di forma sferica, morbida e cedevole. Chinò il capo per osservarlo: un sacchetto di cuoio scuro rinchiuso da un laccetto.
“Aprilo”, la incitò Andrea con voce leggermente rauca.
Sollevò il sacchetto, lo dischiuse e ne rovesciò il contenuto sul bancone lucido del bar.
All’apparenza un altro sacchetto, come in un gioco di matrioske, stesso color cuoio, leggermente più piccolo e raggrinzito. Ne osservò meglio la forma, ne saggiò la consistenza e capì. Un impeto d’amore e di ancestrale timore per la perversa e perfida amica la fece rabbrividire.

“Sei pazza… no, sei incredibile. Sono io pazza ad assecondarti”, Matilda, dall’eccitazione, non riuscì a rimanere impassibile.
La bionda, quasi maschile nella sua gestualità, se non fosse per le curve morbide e quella bocca da mordere, le sorrise con dolcezza e poi, rivolta al barman,: “Due vodka, bellezza. Non fredde”
“Subito Signore, faccio in un attimo. Che belle che siete sta sera”
“Dai, Antonio, non stasera, ho ancora voglia ma non quella che piacerebbe a te”
Il barman avvampò e abbassò gli occhi. Con quelle due non si poteva mai sapere. Gli avevano donato momenti incredibili ma anche attimi di vera paura, come ora. Una frase detta cosi, con calma, senza enfasi, eppure lui si sentiva mancare.
I due bicchieri di vodka erano sul banco e le due si sorridevano.
Andrea prese la piccola pallina morbida tra due dita e, pensierosa, disse alla compagna:
“Davvero, Matilda, non sapevo che si potessero mangiare i testicoli di un uomo. Li ho sbollentati in acqua e aceto, un’ aggiustatina di sale e non ho resistito ad assaggiarne uno. Ora tocca a te. Brindiamo.”
Matilda infilò la piccola pallina in bocca, afferrò il bicchiere di vodka e mandò giù il tutto in un colpo solo. “Brindo alle nostre vittorie: A morte gli idioti!” “A morte”, rispose Andrea. Si baciarono.

Mattino.
Camera da letto. Finestra spalancata. Freddo umido di novembre. Andrea è nuda e guarda fuori, non sembra avvertire il freddo.
Matilda è a letto. Anche lei nuda. Dorme. Il viso è rilassato. Sembra cosi giovane ora. Lei, sempre preoccupata che l’amica possa finire in qualche guaio.
Andrea la ama tanto quando è cosi arresa ai suoi sguardi. Le si avvicina piano.
Con tenerezza la bacia. Lei si rannicchia, si stira e lentamente si sveglia. Guarda Andrea e si tira su di scatto.
“Va tutto bene… ssssshh”, la fa sdraiare nuovamente con dolce determinazione. “Brrr”, che freddo, dai fammi spazio”, e s’infila sotto la trapunta. Si riaddormentano di nuovo. Abbracciate una all’altra. Al sicuro.

Ora di pranzo,stesso giorno.
Tre donne sedute al tavolo di un ristorante nel centro di Roma.
Matilda elegante in un tailleur grigio chiaro, le gambe stupende esaltate da un paio di Jimmy Choos con tacco altissimo. Pochi gioielli ed i capelli raccolti a chignon ne sottolineano l’aspetto professionale. Andrea in Jeans maglietta ed anfibi neri, sulla sedia accanto un giubbotto da motociclista. I capelli biondi cortissimi e il viso senza trucco le donano un aspetto da monella. La terza donna: la classica Signora dell’ alta borghesia romana. Vestita in maniera appariscente, gioielli ed occhiali da sole costosissimi usati come fermacapelli.
Era nervosa.
“Tranquilla Manuela, mangia la tua carne che si raffredda. O non ti va? Beh, dalla a me, allora. La gradisco al sangue”. La bionda afferrò con una forchettata la carne dal piatto di Manuela, che la guardò intimidita.
Aveva sentito parlare della ferocia di questa ragazzona e non sapeva come comportarsi. Preferì gli occhi freddi e calmi di Matilda.
“Bisogna fare in fretta. Ha minacciato di dire tutto a mio marito, alla stampa, se non faccio quello che vuole. E’terribile”, piagnucolò sull’ orlo di una crisi di nervi.
“Cosa ti vorrebbe fare, tesoro?” Matilda era paziente, non aveva fretta.
“Dai, lo sai cosa vogliono, alla fine sono sempre uguali, dei porci, non è che gli interessa la sottomissione, il gioco, ma solo costringere e umiliare… Per favore, non farmelo dire”, supplicò Manuela paonazza in viso.
Andrea le si avvicinò al di sopra del tavolo e prese il mento della donna con la mano. “Cosi carina e cosi scema. Per forza poi dovete rivolgervi a noi. Tesoro, dobbiamo sapere esattamente cosa ti ha fatto e cosa vuole che tu faccia ancora per lui.”
Manuela avvampò ancora. “Non posso, mi vergogno.”
Matilda le sorrise con dolcezza, “è l’ultima volta che provi vergogna, te lo prometto.”

Manuela chiuse gli occhi, respirò a fondo ed esplose come un fiume in piena.
"Lo conobbi una sera in una chat. Attraversavo una fase di fragilità emotiva, mio marito mi tradiva, non avevamo più rapporti fisici, ero confusa e con la percezione del desiderio di sperimentare forti emozioni.
Mi individuò immediatamente: ero la classica vittima per sciacalli.
Desideravo una guida, un'ancora a cui aggrapparmi, se non altro per fare chiarezza dentro me. Alla fine ci sono caduta per colpa mia: ero io che idealizzavo e riversavo i miei desideri su di lui.
Andrea la interruppe bruscamente:" Non devi giustificarti. A noi interessano i fatti. Avevi voglia e te ne sei trovato uno. Vieni al dunque."
"Ok". Le tremavano le mani per lo sforzo di controllarsi.
"Mi ha ripetutamente violentata forzandomi la vagina e l’ano con una mano e con una bottiglia di grosse dimensioni procurandomi danni permanenti. Mi ha costretta all'umiliazione di cercare altre donne come schiave, nascondendo dietro la parvenza della sottomissione lo squallore totale. "Ordinava" cose, tipo recarmi al lavoro con un dildo in vagina ed un altro nell'ano, insensibile alle difficoltà che comporta unire il quotidiano al gioco SM. Una volta, prima di un incontro prestabilito, mi impose di inserire un bigodino nella vulva, di quelli con le punte ben evidenti verso l'esterno. Replicai che mi sarei fatta male. Minacciò di non venire all'appuntamento e di non farsi sentire mai più. Quell'assurdità mi lacerò e ne porto ancora le cicatrici.
Non possedevo il suo numero di cellulare: chiamava lui e sempre con numero nascosto, incurante della mia vita privata. Quando gli chiesi un recapito, mi diede della cretina che non aveva compreso nulla dell'essere schiava.
Praticamente un frustrato che usava le persone per assecondare i suoi bassi istinti.
Non c’era consensualità ma ero innamorata, o almeno cosi credevo. Per avere la sua attenzione mi facevo fustigare fino a svenire: era il suo modo meschino di picchiarmi. Mi ha lesionato alcuni nervi e ne porto le conseguenze.
Spesso corteggiava e blandiva altre donne, umiliandomi con complimenti esagerati rivolti a queste. Una volta si accordò per un appuntamento con una ragazza che giocava a fare la mistress, in mia presenza!
Gli chiesi spiegazioni. Rispose che, in quanto master, faceva ciò che gli pareva senza dovermi rendere conto di nulla, visto che non mi aveva promesso nulla. Uno "schiaffo" salutare, per me, in un certo senso, perchè all'improvviso fu come se lo vedessi per la prima volta per quello che era: un miserabile violento. Gli comunicai che il nostro rapporto si concludeva lì.
Mi telefonò sommergendomi di rabbia, insulti e minacce: ‘se non ti comporti come dico, tuo marito saprà tutto. Non dimenticare che possiedo una documentazione più eloquente di mille parole. Dimentichi le foto in mio possesso, cara la mia sgualdrina da due soldi. Ce n'è per tutti i gusti, comprese quelle in cui ti fai inculare dal nero per mio ordine.’ Intanto rideva sguaiato.”
A quel punto Manuela scoppiò in un pianto senza ritegno.


“Calmati ora. E’ finita, ci penseremo noi. Faremo le riprese, cosi dopo vedrai con i tuoi occhi. Hai portato i soldi?” Matilda le porse un fazzoletto di finissimo lino.
Andrea era pallida, la bocca morbida ridotta ad una fessura, gli occhi, che di solito erano di un azzurro limpidissimo, erano ora quasi neri di rabbia.
“Cazzo, quanto gli faremo male a quello. Al Signor Sottosegretario buco di culo, gli faremo una bella sorpresa.”
“Ssshhhhh, Andrea, parla piano,ti supplico” bisbigliò Manuela. “Perché,” disse Andrea a voce alta, “qualcuno sta ascoltando i nostri discorsi?” Ruttò forte.
Nel ristorante ripresero i rumori dei commensali e dei camerieri. Tutti apparentemente ignari delle tre donne.
Matilda sorrise divertita: Andrea era irresistibile nel ruolo della ragazzaccia maleducata e volgare. Funzionava sempre come deterrente per la curiosità della gente. Nessuno, salvo lei, sapeva che in realtà era una farfalla delicata e dolcissima.
“Allora, i soldi? Ce li hai?”. “Sì, sì, 50.000 Euro in contanti.” Si era calmata. Matilda tirò a sé la valigetta.
Manuela osservò le due amiche con speranza e soggezione. In che casino si era cacciata? Aveva fatto bene a contattarle? Il nome delle SISTER KILLER circolava da un pezzo nell’ ambiente, ma lei non aveva creduto alle storie che si raccontavano sul loro conto. Ora, dopo averle viste, ci credeva, eccome! Ed in un certo senso si sentì protetta. I proprietari del sito s/m, dove il suo supplizio ebbe inizio, l’avevano ben consigliata con un numero di telefono ed istruzioni inviate tramite mail che si auto-distruggeva dopo la lettura.
Marina ed Herrmann si sentivano responsabili di tutto ciò che avveniva nel loro mondo virtuale, mentre Andrea e Matilde “gestivano” gli sviluppi delle, alle volte, inevitabili conseguenze reali: una collaborazione in perfetta sintonia.

Sabato notte.
Un dungeon arredato con gusto. Un uomo nudo inginocchiato in una bacinella piena di acqua e ghiaccio. Bendato e legato aveva provato a dimenarsi, ma immediatamente rinunciò: uno schiaffo violentissimo sulla nuca gli fece capire che era meglio aspettare un’altra occasione. La ragazza strinse i nodi più stretti. Ancora non era spaventato: si notava dal suo cazzo ben eretto. Ancora non intuiva l’epilogo di quell’incontro. Ancora curioso di scoprire cosa avesse in serbo per lui la fantastica Matilda. Era da tempo che la desiderava, ma la donna non lo aveva mai neanche notato. Poi, di colpo, una mail con le indicazioni dell’ora e del luogo dell’appuntamento, e si era precipitato. Ancora si credeva irresistibile e potente, nonostante la posizione, anche se il cambio di ruolo preteso da Matilda lo inquietava vagamente. Gli era stato proposto un gioco “prima-io-a-te-poi-tu-a-me” e quel poi-tu-a-me” gli aveva fatto dimenticare tutte le cautele che di solito rispettava scrupolosamente. L’idea di poter fare sanguinare la bellissima e arrogante Matilda lo eccitava in maniera quasi insopportabile. Gliel’avrebbe fatta vedere lui a quella troia…
Ma poi il primo brivido lo aveva scosso quando una ragazza altissima, vestita in latex nero e luccicante, a piedi nudi, aveva aperto la porta e, senza sorridere, lo aveva fatto accomodare.
“Spogliati e stai fermo in piedi che arrivo”, ed era sparita. Quando rientrò, l’uomo era già nudo. Ora, a parte un paio di stivali tacchi alti e punte in acciaio lunghi fin oltre il ginocchio, lo era anche la bionda. Nuda! La guardò affascinato. “Vieni qui e inginocchiati”, disse la ragazza indicando una catinella colma d’acqua e ghiaccio. ”E non farmi perdere tempo, cazzone”. Con inaspettata forza e velocità era stato sopraffatto. Aveva tentato di ribellarsi, che non erano questi gli accordi, ma, come unica risposta, ricevette quel violentissimo schiaffo sulla nuca che l’aveva fatto cadere. “Stai zitto, coglione!”
Ora la ragazza era seduta su uno sgabello. Le ginocchia aperte. I gomiti sulle cosce, giocherellava con un enorme coltello da caccia. Il sesso col pelo biondo cortissimo incantava l’uomo che non riusciva a distogliere lo sguardo.
Avvertì un soffio di aria sulla schiena ed una porta che si chiuse piano alle sue spalle. Tacchi sul pavimento e un profumo che conosceva bene. Un dolore breve quando una mano gli strappò via il nastro adesivo dalla bocca.
“Matilda, chi è questa stronza? Eravamo d‘accordo che saremmo rimasti in due. Dai slegami, non sento più le gambe.” L’uomo era senza fiato e parecchio seccato.
“Tesoro, l’importante è che tu percepisca il resto del corpo, perché è di quello che mi prenderò cura stanotte. Per quanto concerne il nostro patto, caro, ti ho mentito. Manuela mi ha riferito di quanto tu ritenga le donne tutte puttane e bugiarde. Pare tu sia un intenditore di donne…” E sorrise perfidamente.
Carezzandogli i capelli si mise in posa davanti all’uomo incredulo.
Matilda sorrise divertita: strizzata in un bustino di pelle, guanti fin sopra i gomiti, stivali con tacco a spillo, il sesso perfettamente rasato , i capelli avvolti in ciocche su bigodini scintillanti. “Visto? Mi sono fatta bella per te.”
Passò le dita tra le labbra del suo sesso gonfio e liscio e poi le ficcò con decisione in bocca al sottosegretario.”Toh, succhia!”
“Ma che cazzo fai”, urlò l’uomo con rabbia mista ai primi sentori di paura. La ragazza bionda si alzò con calma e si avvicinò. Lo afferrò per i capelli e lo trasse in piedi di peso. “Dai, imbecille, ora fai il bravo e gioca con Matilda!”
Lo trascinò verso un cavalletto coperto da un grande cuscino di cuoio e ve lo scaraventò a pancia in giù. Ormai consapevole che quella sera non avrebbe comandato un bel niente,cercò di divincolarsi dalla presa ferrea della bionda: “Stai calmo, altrimenti farà ancora più male.”
Matilda parlava con dolcezza: “Manuela ci ha pregati di farti provare i bigodini.” E sorrise. L’uomo si sentì ungere lo sfintere in profondità da dita decise e sbrigative. “Dai, vi prego ragazze, no. Chiederò scusa. Non le darò mai più fastidio. Lo giuro.” L’affondo doloroso della mano. Un urlo.
“Sei pronta con la videocamera, amore?”. “Pronta, dolcezza.” Andrea era piazzata davanti all’uomo, accovacciata sui acchi altissimi per riprendere ogni movimento sul viso di lui.
Matilda, giocosamente, svolse il primo bigodino, lasciando cadere giù una morbida ciocca dei suoi lunghi capelli. “E dove lo infilo questo, ora?” sorrise maliziosa.
Sparì dalla vista dell’uomo. Un’esplosione di dolore lo fece urlare come un ossesso: Matilda gli aveva spinto con forza il primo bigodino nel culo. “Conta a voce alta tesoro. Quanti riuscirai a prenderne prima di morire dissanguato?” Urla laceranti dell’uomo furono l’unica risposta.
Andrea riprendeva il volto dell’uomo devastato dal dolore e dalla paura. La primitiva rabbia, l’incredulità, si erano trasformate in pura sofferenza. Ora piangeva, singhiozzava e sanguinava. Andrea era eccitatissima.
“Matilda…facciamo all’amore”
“Aspetta, almeno 5 glieli devo ficcare dentro, cosi intanto avrà da meditare!”
Andrea: “Dai, conta, idiota, che ci fai solo perdere tempo”
L’uomo era ormai fuori di sé. Matilda ed il rapido movimento di spinta col braccio… L’uomo che si contorceva con gli occhi che parevano schizzargli fuori dalle orbite. Andrea seduta a gambe larghe per terra, lucida di sudore e umori…
“uhunoooooo……ddduhue……tr…..eeeeeeee”
“Ma che bravo il nostro sottosegretario. Se stai buono e zitto, dopo ti permetteremo di fare una cosuccia carina.”
Andrea posò la videocamera sul pavimento puntando il viso dell’uomo.
Le due donne si sdraiarono. Si baciarono e leccarono in preda ad un delirio furioso. E lui, che sentiva il sangue caldo e appiccicoso scorrere lungo le cosce, si ammutolì di fronte al magnifico culo di Matilda ed al volto della ragazza bionda contorto in uno spasmo di piacere.
“Aspetta amore,” sussurrò Matilda e si alzò per slegare l’uomo e trascinarlo, a quattro zampe, a completare il quadro, “Qui entra in scena il nostro eroe”. “Sei fortunato, stronzo, ora lecca bene!” L’uomo era eccitato nonostante il disorientamento provocato dalla sofferenza e dalle percezioni confuse dovute alla copiosa perdita di sangue.
Leccò tremante le natiche aperte di Matilda .“Non solo il buco, idiota. Leccami tutta. Se ti impegni, abbreviamo le tue sofferenze……Ooooohhh, ma che bravo!”
Il terzetto ondeggiava a ritmo animale finché le donne, con uno sguardo d’intesa, raggiunsero l’orgasmo. Lui neanche si accorse, mezzo morto come era, finché Andrea non lo spostò dal sedere di Matilda con un calcio nel fianco. “E levati porco, basta giocare!”
Senza fatica la ragazza lo tirò su e lo rimise in posizione sul cavalletto. Di nuovo legato all’attrezzo. Andrea, ormai sporca di sangue, porse la videocamera all’amica : “Dai, sbrighiamoci, ho fame e bisogno di una doccia bollente.”
“Ora voglio che guardi dritto nell’obiettivo dicendo forte e chiaro a Manuela che ti dispiace tanto tanto”. “Dillo!” L’urlo prolungato ed agghiacciante dell’uomo segnalò che Andrea aveva inserito il bigodino numero 4.
“Mi dis…piasce Ma..nuela, daaavvero mi dis…piac..e tan…isimo,” l’uomo esalò con un filo di voce, sputando sangue.
“Ce l’hai?” chiese Andrea.
“Eccome! Ora tocca a te”.
Slegò l’uomo inerme e quasi privo di sensi e lo rivoltò sulla schiena, fissandolo negli occhi.
“Ma guarda, sto porco ha ancora il cazzo duro.” Afferrò il grosso coltello e con un taglio rapido evirò l’uomo che rovesciò gli occhi e svenne. Gli infilò il pezzo di carne ancora caldo e gonfio in bocca e gli tagliò la gola. Il sangue sgorgò a fiotti dalla ferita e Andrea ammirò ipnotizzata lo spettacolo. Matilda le sfiorò il viso “Dai, piccola, andiamo via, rimetteremo a posto più tardi, vieni tesoro”.

Sera.
Marianne Faithful in sottofondo. Le due donne sdraiate, abbracciate su un grande divano. Entrambe si accarezzano pigramente con gli occhi chiusi.
Squilla il telefono e Matilda risponde languida “Pronto? Oh, ciao Herrmann...sì, tutto bene. Manuela sarà contenta, credo.”
Ride come una bambina che ha appena rubato la marmellata.
” Tutto filmato. Oh sì, un bel soggetto: è stato bravo”.
Andrea ridacchia.
“Sì, ottimo,sabato prossimo va benissimo. A che ora? Ok...non c’è problema...dille di chiamarmi...sì…la tariffa non è cambiata. Ciao.”
“Un’altro lavoretto, amore. Questa volta è una coppia di Firenze”. Stiracchiandosi come una gatta, bacia teneramente Andrea.
“Firenze? Bello, non abbiamo mai lavorato a Firenze. Ho un’idea: lì non c’è il Mosé di Michelangelo?” Matilda la guarda senza capire, ma poi un sorriso le illumina il volto. “Sei un’inguaribile romantica: io, tu,loro e il Mosè! Sarà il video più bello prodotto dalle Sister Killer.”
Si avvicina all’amica e le infila tra le labbra carnose il lampone rosso sangue preso dal vassoio colmo di frutta.












9 commenti:

Anonimo ha detto...

Azzo! Da qualche parte doveva far danni questo frutto maturo.

Urliamo dall'alto della nostra vita ciò che agli altri è concesso sussurrare.
Baci

Anonimo ha detto...

mamma che racconto eccitante.....saresti una gran scrittrice..pansaci hai un intelletto superiore e cio che mi affascina di te.....non smettere mai..sei splendida,,pero il posto di lui non lo vorrei...azz senza palle...
dave larsen

Anonimo ha detto...

l'idea e buona, anche gli spunti, pero' lo scritto manca di linearità e di coerenza
l'aspetto prettamente fisico carnale è molto curato, ma sui dettagli ogni tanto lei scivola, cara Mod...
l'asfalto è lucido solo quando piove, e se piove le cartine delle caramelle non possono vorticare, inoltre il vento gelido normalmente è foriero di neve, non di acqua....piccoli dettagli, è vero, ma rischiano di...annacquare il risultato, mi perdoni il gioco di parole....
anche le effusioni al bar, si intuisce che lei voglia permeare di movenze feline la scena, ma lo scorrere della situazione è tutt'altro che raccordato e lineare, come le dicevo poc'anzi, la sensazione è quella di un orologio svizzero, con la meccanica contaminata di granelli di sabbia...
i granelli di sabbia pero' non dovrebbero essere difficili da eliminare, non crede?

Anonimo ha detto...

Lara_
cazzo! hai visto?! se piove, la cartina della caramella non può vorticare! oh...le critice le ha fatte tutte al tuo pezzo. ora. stai calma, tigre! ci penso io:

caro my,

grazie per la tua critica costruttiva. cerheremo di migliorare senz'altro.
comunque avrei potuto scmmettere sul pezzo al quale avresti concesso il tuo commento. siete tutti cosi prevedibili.

mò dovrò spiegare a Lara_ che sei nuovo e che non ci conosci. accidenti che guaio!

;-) love, mod

Anonimo ha detto...

Bel racconto, complimenti:-)

Anonimo ha detto...

dance...grazie! b:-)
mod happy!

Anonimo ha detto...

non si accontenti di facili scommesse mod, potrebbero essere false friends
ho letto questo pezzo semplicemente perchè è il primo che mi ha visualizzato (il mio browser non visualizza i filmati...)

per il prossimo, mi dia lei un punto sul quale soffermarmi, una traccia che seguirei volentieri

Anonimo ha detto...

L'asfalto è lucido anche dopo la pioggia. Soprattutto dopo la pioggia. Al mio paese, le cartine vorticano per una folata di vento, dopo aver piovuto. Al tuo paese non so. Hai la fantasia imbrigliata tra 4 cantoni: non può essere dopo aver piovuto ma solo durante per cui le cartine ecc ecc. Diiiooooo che noia.
Al bar, non abbiamo "permeato", c'è stato un banchetto a base di testicoli che già solo a scriverne diventammo bestie. Immagina se io e e Lei decidiamo di fare sul serio....Ti copriremmo di "permeato".
Fatti un attimo in là che devo sputare per mandar via i granelli di sabbia.

Anonimo ha detto...

non se l'abbia cara lara, la mia era solo una critica costruttiva
non la tedio certo perorando l'esempio che le ho portato, magari dicendo che la carta bagnata, dopo la pioggia supera il rapporto peso/superficie che le permette di volare...era solo un esempio, in una critica peraltro costruttiva, avete entrambe delle buone qualità, mi sembra un dovere morale il cercare di farvele esternare con piu' limpidezza; qui giunti direi che possiamo analizzare seriamente il vostro scritto
non è coerente in quanto il distacco che palesate nel descrive le sevizie viene meno quando vi cibate dei resti di una vittima
gli antropologi ben sanno che sono rituali ancestrali praticati da popolazioni primitive, con il solo fine di acquisire le qualità dell'avversario sconfitto;
quindi non è coerente disprezzare e poi cercare di assimilare, non credete mie care sisters?
impegnatevi, io sono qui che vi leggo con attenzio (oggi in trasferta a roma...guarda caso...)
au revoir