Non si dice “virtuale” per classificare una conoscenza fatta in rete. Ho imparato ieri sera che solo gli ignoranti dicono cosi. I veri intenditori, cioè i “tecnologici” non dicono e basta e guardano noi principianti del blue space con un poco di sufficienza. Loro non fanno alcuna differenza tra una conoscenza al bar e una fatta in rete. Mi ha fatto pensare che anche io in fondo mi comporto cosi. In rete o al supermercato, sempre uguale sono. Ora aspetto il proseguirsi della conversazione per vedere se ci sono dei segnali EVIDENTI per riconoscersi fra “non-attori” – e anche per sapere se ci sono dei trucchi per schivare gli “idioti virtuali”. Lo so che potrei andare in libreria e comprarmi uno dei tanti libri che hanno scritto sull’argomento, ma, come sempre, preferisco parlarne con qualcuno. I need to be feeded back in real-time.
Questa cosa (e le solite altre) non mi hanno fatto dormire tutta la notte.
Io riconosco un mio simile non tanto da quello che mi dice lui – o lei – di se, o dalle domande che mi fanno – o non fanno. Io riconosco una affinità elettiva dal fatto che dopo un po’ che siamo lì a smanettare sui tasti (o al bar a bere, o in treno a chiacchierare, o in fila alla posta a lamentarci) io mi stanco (nel vero senso della parola, cioè non noia, ma stanchezza) e vorrei una cosa sola: fare un salto avanti nel tempo di…chessò….5 anni. Vorrei, insomma, cancellare la fase del “conoscersi-piano-piano-senza-rivelare-che-non-ho-alba-per-quanto-concerne-il-senso-della-vita-e-della-morte”. Vorrei già avere quella particolare confidenza, quella intimità che ti fa dire solo le cose importanti. Lo so bene che non si può. E non sono sicura che quella sensazione sia un segnale inconfondibile sulla "bontà" dell'interlocutore sconosciuto....forse è solo un idiozia.
Sono diventata una “tecnologica” anche io e di botto la notte scorsa –
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