30.4.09
DONNA
(foto by my very favourite Howard Schatz)
...cosa rende una donna una donna?
mi piacerebbe saperlo. davvero.
25.4.09
24.4.09
LATEX....
21.4.09
suppose....
suppose you love somebody. truly.
suppose you need to share
what is mad in your head.
suppose you need to tell and explain
what it's all about.
suppose - the one you love misunderstands the feeling behind your actions.
and then suppose another one who exactly knows what's on your mind
before you can put it into action.
that's the one you shouldn't love in that mad way.
but it's the only OTHER one you can stand on your skin.
suppose.
and then think: doesn't love make you sick?!
suppose you need to share
what is mad in your head.
suppose you need to tell and explain
what it's all about.
suppose - the one you love misunderstands the feeling behind your actions.
and then suppose another one who exactly knows what's on your mind
before you can put it into action.
that's the one you shouldn't love in that mad way.
but it's the only OTHER one you can stand on your skin.
suppose.
and then think: doesn't love make you sick?!
change your heart....it will astound you
everybody's gotta learn.
sometimes.
everybody.
look around you.
11.4.09
meraviglia e miracolo
La casa è un accampamento allegro e disperato insieme. Tre donne stanno Insieme in cucina a scambiarsi ricette varie per una torta Pasqualina. Si metteranno d’accordo senza discutere. Nessuna ha voglia di voci alzate o pensieri concentrati. Nessuna ne è in grado. Due di loro hanno perso ogni cosa, salvo la vita loro e quella della famiglia più stretta. Nonni, zii e cugini – morti! Uno ancora non trovato. La terza le ha accolte senza avere la forza necessaria. Ognuna è stanca per un motivo grave ma ora brindano con del vino rosso troppo pesante in realtà per un aperitivo. Ma tutti e tre hanno bisogno di stordirsi per allentare la tensione. Due perché non sanno mettere in parole quel che hanno visto. Una perché non sa se riuscirà ad ascoltarle. Due bambine con riccioli neri bellissimi e occhi come ciliege vengono in cucina – chiedono un lekkalekka. Gli uomini ne hanno comprato tornando a casa. Una trentina di dolcetti – come medicina. Le donne se le stringono e baciano a turno. Le bambine, infastidite da tanta attenzione, dopo un po’ se ne vanno. Gli uomini si sono ritirati nello studio. Hanno bisogno di fare cose concrete per l’immediato. Hanno bisogno di pensare al futuro. Non al passato. La loro disperazione non la dicono. Devono essere forti. Sorreggere lo sconforto delle donne. Fanno conti, parlano di possibili mutui per comprare casa altrove. Lontano. Uno non ha più un lavoro. L’altro sta pensando di cambiare stile di vita. Intorno alle loro bocche delle rughe che, a dire delle loro donne, una settimana fa ancora non c’erano. Uno la notte dopo la tragedia ha fatto l’amore con la sua donna disperatamente. Cosi disperatamente che la ha fatto sanguinare. Lei lo dice alle altre due compagne in cucina, bevendo quel vino roso porpora. Sorride maliziosamente con le lacrime che non si fermano. Non c’è imbarazzo. Lo hanno lasciato lì in quel luogo desolato – se ne sono disfatto come un peso inutile. Tra qualche giorno torneranno lì e dovranno chiedere, dimenticando ogni briciola di orgoglio, le cose più elementari. I bambini dovranno tornare a scuola. Dovranno comprare tutto. Parlano di vestiti. Una è venuta via letteralmente in mutande, coperta solo da un accappatoio. E ora parla di un paio di pantaloni con un taglio asciutto di gamba ma comodo in vita. Ha partorito due volte e la vita è andata a farsi benedire. Ride. Poi per il senso di colpa, forse, di parlare di cose frivole scoppia a piangere. Le altre due la prendono in braccio, la accarezzano … riempiono di nuovo i bicchieri. – e poi quella che è la padrona di casa dice alle altre che dopo cena proveranno dei vestiti un po’ diversi – strizza l’occhio alle altre due. Nuove risate. Profumo in cucina. Chiamano le bambine per apparecchiare. Ma loro preferiscono stare coi maschi più grandi. A tavola si prendono per mano e tutti insieme e cacciano un urlo fortissimo fuori dalle loro gole doloranti. Poi mangiano di gusto. C’è tanta roba buona in tavola. È venerdì santo. Ma loro hanno deciso che il mangiare di magro per loro non conta. Mangiano e bevono. Raccontano cose di tanto tempo fa – tempi felici. A turno piangono. Sembra che nessuno riesca a controllare queste emozioni che non si lasciano definire. Non è paura. Non è tristezza. Non è stanchezza. Non è rabbia. È tutto insieme. La bambina più piccola in braccio alla mamma gli da un nome a sta cosa, dicendo alla mamma che è “furiposa” perché ha perso la sua bambola preferita. Poi si addormenta in braccio alla madre. Dopo cena si sistemano sulle varie stanze. Le bambine in una. I maschi in un’altra. Le due coppie nella sala grande e i padroni di casa nella loro camera da letto. La mattina dopo gli adulti trovano i figli accanto a loro nei letti arrangiati. Di notte c’è stato un gran tippeditap di piedi nudi. Per trovare conforto. Per non fare brutti sogni.
Di giovedì un uomo è partito da casa con la idea di portare a casa una famiglia di tre persone per la pasqua. È tornato venerdì con 8 persone.
È dato come informazione sicura che quelle persone festeggeranno una pasqua bellissima – piena di vita vera!
Buona pasqua a tutti!
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